SAINT-GERMAIN L'IMMORTALE

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  1. charly
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    Molti occultisti guardano a Saint-Germain come a una delle più interessanti e intriganti figure della storia dell'occultismo, al punto che qualcuno ritiene addirittura che sia ancora vivo. Tutti coloro che hanno scritto di lui, arrivati al termine della loro ricerca, non hanno mai potuto fare a meno di chiedersi se Saint-Germain "l'immortale" costituisca realmente un mistero o altro non sia che una truffa, un inganno colossale. Poiché il voluminoso dossier raccolto su di lui al tempo di Napoleone venne distrutto durante la Comune, va da sé che l'interrogativo continua a persistere.
    La cosa ha fatto esclamare a un adepto: «E così, ancora una
    volta, un semplice "accidente" ha rilanciato l'antica legge che impone che la vita di un iniziato resti sepolta nell'oblio e nel mistero».
    La prima volta che il conte di Saint-Germain (senza dubbio un nome falso) comparve in Francia nel 1756, poteva avere si e no una cinquantina d'anni. Brillante intrattenitore, parlava bene alcune lingue straniere, sapeva di medicina e apparteneva alla schiera dei primi, intraprendenti alchimisti. Non alto di statura, vestiva un abito viola scuro e una cravatta di satin bianco (un segno di modestia in quegli anni passati alla Storia per la faraonicità degli abbigliamenti) e aveva maniere eleganti sia nel dire che nel gestire. Era certamente ricco, ostentava non pochi diamanti e un seguito di numerosi servitori. Una volta che uno scettico aveva mormorato a proposito del loro padrone: «Sono certo che si tratta di un mentitore», uno di loro gli aveva subito risposto: «Certo, lo so meglio di voi. Pensate che va raccontando in giro che vive da più di quattromila anni. Ma, per ora, io sono al suo servizio solamente da cento e quando sono arrivato, il conte mi disse di avere tremila anni. Come abbia fatto ad aggiungersene novecento, se per errore o perché è un emerito bugiardo, vi garantisco che non lo so». Un altro, il suo valletto personale, quando era stato interrogato dallo stesso conte, suo padrone, a proposito di un evento di storia antica, aveva risposto: «Forse, il signor conte non rammenta che io sono al suo servizio solamente da cinquecento anni». Ovviamente un tipo simile non poteva essere che un ciarlatano, ma, in caso affermativo, non si capisce a quale scopo. Dalle apparenze doveva essere ricco, si faceva accompagnare da un violinista, un abile pittore e mostrava proprio in queste due arti, musica e pittura, una conoscenza approfondita, riconosceva un quadro a prima vista senza esitazioni. In un suo libro, adombra l'ipotesi trattarsi del figlio di una ex regina spagnola, Maria di Neuberg, ritiratasi a vivere a Bayonne dopo la morte del marito Carlo II. Il suo amante era il ministro delle finanze, il conte Andanero, secondo Lang presumibile padre del misterioso conte. Prima di approdare in Francia, Saint-Germain era stato a Vienna. Qui aveva incontrato il maresciallo di Belle-Isle, il quale aveva contratto alcuni acciacchi durante la guerra in Germania. Il conte lo aveva risanato e, come atto di gratitudine, il maresciallo l'aveva invitato a seguirlo a Parigi. Appena arrivato, era stato chiamato al capezzale di una dama di corte, avvelenata da funghi non commestibili. Guaritala, era entrato nelle grazie della favorita del re Luigi XV, Madame de Pompadour. Tutte le donne di corte lo trovavano affascinante. La contessa Von Gergy, il cui marito era stato ambasciatore a Venezia nel 1710, sosteneva di rammentare chiaramente il suo nome e un giorno gli aveva chiesto se, per caso, suo padre o lui o qualcun altro della famiglia fosse mai stato in quella città. Saint-Germain aveva risposto nel suo solito intrigante modo dicendo che ci era stato a più riprese. La dama aveva allora esclamato: «Impossibile, signore. La persona da me conosciuta già all'epoca doveva avere circa la vostra età». Al che il conte, sorridendo in modo ironico, aveva controbattuto: «Ma io sono molto vecchio». Quindi aveva aggiunto una serie incredibile di particolari sul suo soggiorno veneziano da convincere la dama che si era trattato proprio di lui. Quasi spaventata, la donna aveva aggiunto: «Ma allora voi siete il diavolo!». A quella esclamazione, Saint-Germain era impallidito, aveva incominciato a tremare vistosamente e, in tutta fretta, aveva abbandonato la sala. Una decina di anni prima Saint-Germain si trovava a Londra. Nel 1745 venne arrestato come spia del giovane pretendente, che stava proprio in quel frangente marciando su Derby. In una lettera Walpole annota:
    ...l'altro giorno mi è stato presentato un singolare individuo che dice di chiamarsi conte di Saint-Germain. Si trovava qui da due anni e non aveva mai rivelato la sua identità né da dove giungesse... Canta, suona il violino in modo sublime, compone; potrebbe trattarsi di un folle o di una persona eccessivamente sensibile. Lo ritengono tanto un italiano, quanto uno spagnolo o un polacco; qualcuno dice abbia fatto fortuna nel lontano Messico e abbia quindi raggiunto Costantinopoli; altri lo dicono un imbroglione, un prete, un nobiluomo. Il principe di Galles ha cercato di soddisfare la propria curiosità sul suo conto, ma non ha cavato un ragno dal buco...
    Nessuno sa che cosa abbia mai fatto né dove sia stato fra il 1745 e il 1755. Ma sul finire degli anni Cinquanta del Settecento sappiamo che fu a Parigi. Madame de Hausset, damigella di camera della Pompadour, scrisse: Veniva sovente un uomo che era un mago straordinario... Si faceva chiamare conte di Saint-Germain e cercava di far creder alla gente di avere centinaia di anni. Mentre era alla toilette, un giorno Madame gli aveva chiesto: «Che genere di uomo era Francesco I?» «Davvero un bel tipo - aveva risposto lui - ma un po' troppo orgoglioso. Avrei voluto dargli un paio di utili consigli, ma lui non mi dava mai retta». Poi aveva descritto, seppure in termini generici, la bellezza di Maria Stuarda e della regina Margot. «Si direbbe che li abbiate conosciuti tutti...», aveva sentenziato scherzosamente la dama. E il conte aveva risposto: «Ci sono volte in cui mi diverto non tanto a convincere la gente a credermi, ma a lasciarla credere che io sono al mondo da tempo immemorabile». Allora, Madame de Pompadour gli aveva chiesto di Madame de Gergy, quella che aveva detto di ricordare di averlo incontrato cinquant'anni prima a Venezia. Il conte aveva risposto: «Può darsi, ma tengo a sottolineare che ancora adesso sua eccellenza è più che mai un uomo appetibile». A questo genere di risposte si comprende come Saint-Germain amasse più che altro scherzare a proposito della sua età, senza mai tentare di imporre a nessuno di credere ciò che stava raccontando. La sua fama divenne presto enorme. Al punto che l'infastidito ministro degli esteri francese, ritenendolo un impostore e giocando sulla sua pretesa eternità, aveva assoldato una sorta di controfigura che andava in giro nei saloni parigini a motteggiarlo per coprirlo di discredito, dicendo di essere così vecchio d'aver conosciuto sant'Anna, la madre di Maria, madre di Gesù, e di aver «sempre saputo che quel Gesù non avrebbe fatto una bella fine». Dunque, che sappiamo veramente di Saint-Germain? In una lettera autografa datata 1735 a novembre lo troviamo all'Aia, in Olanda, ma non ne conosciamo il motivo. All'epoca doveva avere circa venticinque anni. Dal 1743 al 1745 era in Inghilterra, dove era stato arrestato come spia. Dalla storia che ci racconta Cooper-Oakley nella sua biografia sul conte, lo avevano incastrato ingiustamente. Qualcuno geloso della sua fama (ma forse anche del suo successo con le donne) gli aveva messo in tasca una lettera compromettente e lo aveva fatto arrestare. Ma il conte era riuscito a dimostrare la sua innocenza. A partire dal 1755 si era trasferito a Vienna, dove viveva in ricchezza e da dove, su invito del maresciallo de Belle-Isle, si era nuovamente spostato per raggiungere Parigi. Qui, grazie alle sue qualità di uomo di mondo, era divenuto una delle attrattive più interessanti di tutti i salotti della capitale. Diceva di vivere grazie a un miracoloso elisir da lui stesso brevettato ed era solito starsene a tavola fra i commensali senza toccare cibo. Ma il suo interesse più grande era la chimica e diceva di aver inventato un sistema per tingere seta e cuoio. Dichiarava di poter ripulire i diamanti da ogni impurità. Un giorno se ne era fatto consegnare uno del valore di seimila franchi. Quando era tornato lo aveva consegnato perfettamente pulito e puro, tanto che il suo valore era subito salito a diecimila franchi. Probabilmente, Saint-Germain aveva sostituito la pietra con un'altra. Aveva pensato che sarebbe valsa la pena guadagnarsi la fiducia del re per soli quattromila franchi. Ne era conseguito come risultato che il re aveva deciso di aprire un laboratorio attrezzato al Trianon e aveva concesso a Saint-Germain di installarsi negli appartamenti del castello di Chambord, per poter lavorare alla messa a punto dei processi di colorazione nella speranza, nel caso avessero avuto successo, di poter in qualche modo rimpinguare le casse dello stato, che facevano acqua da tutte le parti. Ad un certo momento Saint-Germain era diventato così intimo del re che il duca de Choiseul era sbottato, scrivendo: «Pare davvero strano che il re si compiaccia di starsene così sovente da solo in compagnia di costui, anche se quando se ne esce viene sempre scortato da un manipolo di soldati». Parlando con una evidente punta di disprezzo, il duca riferisce la voce secondo la quale Saint-Germain sarebbe stato il figlio di un portoghese ebreo. Nel 1760 il re, all'insaputa di tutti i suoi ministri, invia Saint-Germain in Olanda per una missione diplomatica. Scopo del contatto sondare le possibilità di una alleanza con l'Inghilterra, chiamata a staccarsi dal patto che la legava alla Prussia, e stipulare la pace. Per pura combinazione in quei giorni Saint-Germain si era trovato a condividere lo stesso hotel di un altro mirabolante avventuriere, Giacomo Casanova, anche lui in Olanda a nome e poi conto del governo francese. I due si erano riconosciuti e Casanova si era convinto più che mai che il conte non poteva che essere un cialtrone. Ecco come ne parla nelle sue Memorie: un uomo straordinario, nato apposta per fare il re degli impostori e degli imbroglioni, specie quando, parlando in tutta tranquillità, come se niente fosse, dice di essere nato trecento anni fa, di conoscere i segreti della medicina universale, di poter padroneggiare le forze della Natura, di saper lavorare e fondere i diamanti... Eppure, nonostante la sua boria, la sua sfacciataggine, il suo volto da bugiardo incallito, il suo palese eccentrico modo di fare, eppure, dicevo, non posso proprio affermare che si tratti di un uomo maleducato oppure offensivo. Malgrado queste asserzioni finali, Casanova aveva però lo stesso trovato il modo di denigrare il conte, facendo circolare una sorta di oracolo cabalistico che metteva in guardia da Saint-Germain. Frattanto in Francia anche il duca di Choiseul - che era contrario alla stipula della pace - aveva tramato contro di lui al punto da dare l'ordine di arrestarlo e rinchiuderlo nella Bastiglia. Ma, per sua fortuna, l'ambasciatore olandese, venuto a conoscenza del complotto, gli aveva fatto una "soffiata" ed egli era riuscito a imbarcarsi sulla prima nave per Londra. La faccenda aveva creato non poco imbarazzo a corte, dove Luigi e de Belle-Isle erano stati costretti ad ammettere di essere stati loro i mandanti di Saint-Germain per la missione olandese. Ma i numerosi nemici riuscirono a preparare la sua caduta, anche se non c'è dubbio che alcune volte era lui stesso, forse per tattica o forse per ingenuità, a prestare il fianco agli attacchi. Nella fattispecie, era andato a raccontare a tutti di essere un agente in missione segreta. In Inghilterra Saint-Germain si era incontrato con l'ambasciatore di Germania, forse con la speranza di poter essere accolto alla corte di Sassonia di Federico il Grande. Terrorizzato, l’ambasciatore si era affrettato a scrivere al segretario di stato prussiano per metterlo sul chi vive, pregandolo di fare del suo meglio per ostacolare la venuta del conte, perché con la sua capacità affabulatoria e il suo fascino ipnotico sarebbe stato capace di incantare il re inducendolo ad adottare chissà quali «disastrose misure». L'ambasciatore non aveva alcun dubbio sul potere di fascinazione di Saint-Germain. A questo punto il conte era stato costretto a fare segretamente ritorno in Olanda, dove aveva acquistato una proprietà spacciandosi per il conte Surmount; evidentemente a corto di quattrini, aveva anticipato solo una parte del costo della casa. L'ambasciatore francese lo descrisse come un uomo «completamente screditato». Ma, per sua buona sorte, Saint-Germain aveva trovato un altro protettore in Coblenz, ministro dell'Olanda austriaca, desideroso di poter in qualche modo sfruttare i processi chimici inventati dal conte negli stabilimenti di Tournai. Coblenz, completamente ammaliato, aveva riferito a Kaunitz, il cancelliere austriaco, ogni sorta di meraviglia, come, per esempio, la trasformazione del vile metallo in oro, la tintura della seta e di altri materiali in qualsiasi straordinario colore, la sintesi di una specie di pelle colorata simile a un cuoio morbidissimo. Per quanto infatuato, Coblenz riusciva egualmente a dire: «L'unica cosa che non sopporto di lui è quel continuare a mantenere il segreto sulla sua identità e sulle sue origini». Anche se poi, col trascorrere del tempo, Coblenz avrà in parte da ricredersi a proposito del carattere del "genio", di certo aveva intuito quali potenzialità commerciali si nascondevano dietro ai processi industriali da lui inventati. Gli stabilimenti a Tournai vennero comunque impiantati e Saint-Germain era riuscito a farsi scucire la bellezza di centomila fiorini per dei segreti che in un primo momento aveva promesso gratuitamente. Ciò malgrado, aveva lo stesso trovato il modo di sparire senza consegnare tutti i brevetti e i segreti pattuiti. Ad ogni buon conto, da quel che ne sappiamo, le imprese di Tournai funzionavano e bene, dal che, si deduce che le invenzioni di Saint-Germain dovevano comunque essere concrete e produttive. Gli spostamenti compiuti dal conte nei successivi dieci anni non sono noti, sebbene lui stesso dichiarasse di essere stato in India almeno due volte e di aver preso parte come combattente alla guerra russo-turca nel mare Mediterraneo (1768-74). Certamente era andato a San Pietroburgo diventando amico del conte Alexei Orlov, comandante della spedizione russa nell'arcipelago. La sua bevanda preferita, il té ricavato dall'infusione delle foglie di cassia (un lieve lassativo), divenne noto come té russo e adottato in massa dalla Marina. Per motivi ignoti, Saint-Germain arrivò a essere nominato generale dell'esercito russo. Nel 1774 lo troviamo a Schwabach, nell'Anspach, dove si era trovato un nuovo mecenate, Carlo Alessandro, margravio del Brandeburgo. Questi era rimasto eccezionalmente colpito dalla figura del conte quando, recatosi con lui a salutare Orlov per l'ultima volta, lo aveva visto abbracciare con grande calore il suo caro amico. Saint-Germain era così diventato l'ospite del margravio nel castello di Triersdorf, continuando serenamente a condurre i suoi esperimenti. Adesso si faceva chiamare conte Tzarogy. Ma un giorno, probabilmente nell'ansia di stupire e meravigliare come era suo solito, il conte aveva confessato quella che era la sua vera identità: egli era il principe Rakoczy di Transilvania. Il margravio ci aveva creduto, ma quando l'anno appresso era stato in visita in Italia raccontando nei salotti la storia del suo eccezionale ospite, era caduto dalle nuvole quando gli era stato riferito che i tre eredi al trono della Transilvania erano tutti morti e che il suo misterioso e bugiardo ospite altri non era che un uomo già ovunque ben noto come conte di Saint-Germain, figlio di un esattore delle tasse di San Germano. Gemmingen, il ministro dell'Anspach inviato per confrontarsi con il conte, riferì che il "principe Rakoczy" a precisa domanda non aveva negato di essere il conte di Saint-Germain. Era stato costretto di volta in volta a ricorrere a degli pseudonimi per evitare i tanti nemici, ma non aveva mai disonorato alcuno dei nomi sotto la cui protezione si era coperto. In definitiva, la verità. Lo stesso margravio aveva riconosciuto la serenità e la modestia del suo ospite, il quale non aveva mai approfittato della situazione per chiedergli del denaro. Ciò nonostante, Carlo Alessandro era rimasto fortemente deluso e da quel momento si era rifiutato di accogliere ancora come ospite il conte dai molti nomi. Così nel 1776, a sessant’anni compiuti, Saint-Germain si era ritrovato ancora una volta senza una casa. Ripreso a viaggiare, aveva visitato Lipsia, Dresda, Berlino e Amburgo. A Berlino aveva ardentemente sperato di potersi far ricevere da Federico il Grande, ma questi non aveva voluto avere nulla a che fare con un personaggio che reputava un avventuriero ciarlatano. Finalmente, il conte aveva trovato un nuovo padrone, il principe Carlo di Hesse-Cassel, dapprincipio poco propenso e aperto al dialogo, ma poi via via sempre più disponibile. Affascinato da Saint-Germain, il principe accettava senza discutere tutto ciò che il conte gli raccontava, compresa la storia che egli era il principe Rakoczy, che era stato allevato nella casa dell'ultimo dei Medici e che, al momento, aveva ottantotto anni. Carlo lo sistemò in un laboratorio a Eckenforde, nella regione dello Schleswig-Holstein, dove l'avventuriero aveva trascorso in santa pace gli ultimi anni della sua vita, soffrendo periodicamente di depressione e reumatismi per spegnersi serenamente nel febbraio del 1784, con grave dispiacere del principe Carlo che lo ricordò come «uno dei più grandi saggi mai comparsi al mondo». Saint-Germain era appena morto che già le voci sulla sua persona non si contavano. In un giornale uscito l'anno dopo si annunciava il suo prossimo ritorno. Madame de Genlis era convinta di averlo visto a Vienna nel 1821. Nel 1836, in un libro intitolato Souvenirs, l'autrice, la contessa d'Adhémar, che si vantava di essere stata di casa alla corte di Versailles negli ultimi giorni della monarchia, disse di averlo incontrato nel 1793 ricordando come le avesse preannunciato la morte imminente della regina Maria Antonietta. Poi le aveva detto che, da lì al 1820, si sarebbero ancora visti per altre cinque volte, ma che non ci sarebbe stata una sesta; e così era avvenuto. Ma G.B. Volz, che negli anni venti condusse una approfondita ricerca su Saint-Germain, sostiene che il conte non sarebbe mai esistito e che Souvenirs era un falso. Nel 1845 Franz Graffer dichiarò nelle sue Memorie di aver visto il conte di Saint-Germain, il quale gli aveva annunciato che sarebbe ricomparso sui monti himalayani verso la fine del secolo, una dichiarazione per la quale Madame Blavatsky si sentì autorizzata ad inserire il conte nella breve lista dei suoi "maestri segreti" tibetani e di citarlo con grande reverenza nel suo libro “La dottrina segreta”. Ma ancora una volta si scoprì che anche le Memorie di Graffer erano un falso. Tuttavia, quando nel 1885 la Blavatsky aveva fatto visita alla contessa d'Adhémar e alla signora Cooper-Oakley, il cui volume sulla vita di Saint-Germain era apparso nel 1912, aveva avuto modo di rendersi conto che presso gli archivi privati della famiglia erano ancora conservati documenti relativi al misterioso avventuriere. Per chiudere la saga, c'è infine da ricordare che nel 1972, un giovane di nome Richard Chanfray comparve alla televisione francese dichiarando di essere Saint-Germain, dando dimostrazione di saper trasformare il piombo in oro, utilizzando semplicemente un fornellino da campeggio.
    Ora che abbiamo esaminato tutto quanto a nostra conoscenza, che possiamo concludere a proposito di questo incredibile "uomo del mistero"?
    Primo - e dispiace persino un po' dirlo - che non può certamente essere preso ad esempio come figura di mago o maestro segreto. Se diamo retta a quanto aveva espresso l'ambasciatore prussiano a Dresda, quando diceva: «una sorta di disordinata vanità sembra costituire il meccanismo del suo modo di essere», non possono esserci dubbi sul fatto che Saint-Germain era un vanesio che parlava troppo, anche se non mancano attestazioni di testimoni contemporanei che affermano il contrario. Pur ammettendo tutto questo, si può essere lo stesso vanesi e chiacchieroni ma geniali. (Il primo esempio che ci viene in mente è quello straordinario di George Bernard Shaw). Altrettanto chiaro è che Saint-Germain era un grande entusiasta, dotato di un formidabile talento. Da parte sua, non si era mai definito né un mago né uno studioso di occultismo, anzi si era sempre dichiarato un materialista convinto, il cui unico scopo era quello di contribuire al benessere dell'umanità. Diderot e D'Alembert non avrebbero avuto esitazioni nel riconoscere in questo uomo dallo spirito aperto un ideale collaboratore per la loro Enciclopedia. Il vero, profondo mistero legato a Saint-Germain, è che era contemporaneamente un genio e un ciarlatano. Possedeva in misura eccelsa quello che noi oggi chiamiamo uno spiccato senso della mondanità, il desiderio di intrigare e affascinare. E sono proprio queste caratteristiche della sua personalità che ci fanno pensare che egli non fosse chi sosteneva di essere. Non era, per esempio, di certo l'ultimo erede della dinastia regale della Transilvania, i cui ultimi prìncipi erano stati personaggi ben noti. Poi quel suo desiderio quasi viscerale di comparire come un sovrano in esilio, tradiva una nascita presso un'umile famiglia e una fanciullezza trascorsa a fantasticare a occhi aperti fama e gloria. I resoconti su imbroglioni e ciarlatani si contano in gran numero, ma è assai improbabile, per non dire impossibile, trovarne uno nato in una famiglia ricca o anche solo benestante. Da qui possiamo desumere che Saint-Germain non era dunque il rampollo, per quanto bastardo, della regina di Spagna. Sappiamo che nel corso della sua vita cercò sempre di apprendere e imparare e che la chimica era la passione della sua vita. In altre circostanze avrebbe potuto benissimo diventare un Lavoisier, un Robert Boyle o un Michael Faraday. La sua naturale brillantezza lo rendeva sovente antipatico, dall'alto della sua intelligente ironia, concedendo poca considerazione a coloro che gli stavano attorno, tanto che viene da pensare che quando dichiarava di avere trecento anni o di essere stato intimo amico del re Francesco I, lo facesse provocatoriamente apposta per dimostrare a se stesso e alla sua intelligenza quanto fosse facile dimostrare la stupidità umana. Forse l'unico, vero, concreto enigma, sta nel sapere dove attingesse il denaro che gli consentiva di atteggiarsi a principe. Poiché, in fondo, era un uomo onesto (se solo facciamo eccezione per l'affare della impresa di Tournoi) la risposta è che evidentemente era in grado di far fruttare nel migliore dei modi sotto l'aspetto commerciale le sue scoperte in campo chimico. Forse potrà sembrare un poco banale dopo tutte queste parole arrivare a concludere che uno dei più inquietanti uomini del mistero, un maestro segreto, altri non era che un brillante, geniale chimico “ante litteram”. Sarà anche così, qualcuno si sentirà pure deluso, ma questa sembra essere l'unica teoria in grado di spiegare i fatti così come li conosciamo.
     
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